Luca 9, 11-17
1. Moltiplicare è condividere
Il segno del pane è raccontato dai vangeli per ben cinque volte, è la narrazione più ripetuta perché la più densa di significati. Con superficialità le chiamiamo moltiplicazione dei pani, mentre in realtà si tratta di una con-divisione.
Alcuni uomini hanno così tanta fame, che per loro Dio non può avere che la forma di un pane (Gandhi).
Condividere la fame è la porta del più grande miracolo dei cristiani, il miracolo eucaristico.
2. Non 'allontanare', ma 'accomodare'
“Mandali via, è sera ormai e siamo in un luogo deserto”:
Gli apostoli si preoccupano per quella folla, ci pensano ma non hanno soluzioni; è come se dicessero: adesso lascia che vadano via, ciascuno pensi a risolversi i suoi problemi, come può, da solo.
Ma Gesù non ha mai mandato via nessuno, anzi vuole fare di quel luogo deserto, di ogni nostro deserto, una casa dove condividere pane e sogni.
E allora imprime una improvvisa inversione di marcia alla direzione del racconto, con una richiesta illogica ai suoi: “Date loro voi stessi da mangiare”.
3. Il poco che c'è, ma donato
Il primo passo verso il miracolo. Un verbo semplice, asciutto, pratico: date.
Nel vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, fattivo, di mani: dare (Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio (Gv 3,16), non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici (Gv 15,13).
Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane per ogni mille persone e due pesciolini: è poco, quasi niente.
Eppure è un pane che non finisce mai. Passa di mano in mano, e ne rimane in ogni mano.
4. Un altare da campo
“Non abbiamo che cinque pani e due pesci”.
Ma Gesù non li segue su questa logica, a lui non interessa la quantità, ma la qualità, il modo di mangiare.
“Fateli sedere a gruppi”. Nessuno da solo, tutti dentro un cerchio, tutti in una comunità, seduti come si fa per una cena importante, seduti a una mensa comune, una tavola d’erba sulla riva del lago, primo altare del vangelo, più importante dell’altare del tempio.
5. Ce n'è per tutti
La sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso, che passa di mano in mano, diventa sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare da solo, voracemente, il mio proprio pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che ho: due pesci, il bicchiere d’acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po’ di tempo e un po’ di cuore. La vita vive di vita donata.
Tutti mangiarono a sazietà. Quel ‘tutti’ è importante. Sono bambini, donne, uomini.
Sono santi e peccatori, sinceri o bugiardi, nessuno escluso, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti divorzi, nessuno escluso.
Prodigiosa moltiplicazione: non del pane ma del cuore.